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Mercoledì 13 novembre l’edizione 2024 del Bologna Jazz Festival cala l’ultimo dei suoi assi (proseguirà comunque ancora con numerosi appuntamenti nei club nei giorni seguenti): i McCoy Legends, band all stars che riunisce i talenti di Steve Turre, (trombone), Chico Freeman (sassofoni), Antonio Faraò (pianoforte), Avery Sharpe (contrabbasso) e Ignacio Berroa (batteria). Li si ascolterà all’Unipol Auditorium (ore 21:15) in una vibrante rivisitazione dell’eredità jazzistica di McCoy Tyner. Il Gruppo Unipol è partner speciale dell’evento.
McCoy Legends è un palese tributo a McCoy Tyner. Scomparso nel 2020 all’età di 81 anni, Tyner appartiene al pantheon dei geni del pianoforte che hanno spinto il jazz verso la modernità all’inizio degli anni Sessanta. Lodato inizialmente per la sua partecipazione al leggendario quartetto di John Coltrane, questo abbagliante stilista della tastiera ha poi proseguito a sua volta come leader impareggiabile, esplorando tutte le forme della tradizione afroamericana in un mix di hard bop e jazz modale.
Il bassista Avery Sharpe, che ha accompagnato Tyner per oltre vent’anni in innumerevoli band, ne raccoglie l’eredità musicale con la massima autorevolezza, sapendone catturare le innumerevoli sfaccettature estetiche. Sharpe si pone alla guida di una formazione all stars internazionale e intergenerazionale con la quale attinge al vasto catalogo di composizioni di Tyner, rivelandone la straordinaria ricchezza di invenzione, con esiti ora lirici ora energici, sempre comunque dalla spiccata palette coloristica.
Avery Sharpe (nato a New York nel 1954) ha raggiunto la prima notorietà grazie alle collaborazioni con Archie Shepp e Art Blakey. Ma è stata soprattutto la sua lunga collaborazione con il pianista McCoy Tyner (dal 1980 al 2003) a incidere il suo nome nella storia del jazz moderno. Con Tyner ha registrato più di venti dischi, che si aggiungo a quelli realizzati con Shepp, Frank Morgan, Steve Grossman e soprattutto ai numerosi titoli frutto della duratura collaborazione con Yusef Lateef. Come leader, ha esordito su disco per la Sunnyside Records, proseguendo poi a pubblicare album con la JKNM, etichetta di sua proprietà.
Nato a Chicago nel 1949, figlio del leggendario sassofonista Von Freeman, Chico Freeman non ha avuto timore a impugnare lo stesso strumento del padre e a calcarne le orme. Partito da un linguaggio essenzialmente mainstream, con gli evidenti modelli del padre e di Coltrane, si trasferisce a New York nei primi anni Settanta. Negli anni Ottanta raggiunge la notorietà internazionale, inserito dalla critica in quel gruppo di giovani leve (i cosiddetti Young Lions) in cui figuravano anche Wynton Marsalis, Paquito D’Rivera, Kevin Eubanks. A Chico i limiti sono sempre andati stretti e così, oltre ad avere allargato le sue competenze strumentali (suona anche tromba e pianoforte), ha saputo indirizzare il suo sax con somma maestria oltre i territori del jazz straight-ahead, sconfinando sul terreno dell’avanguardia e soprattutto della musica afro-latina.
Antonio Faraò si è guadagnato un posto di rilievo tra i massimi esponenti del jazz contemporaneo. In ormai quarant’anni di carriera, ha collaborato con artisti come Jack DeJohnette, Joe Lovano, Biréli Lagrène, Chris Potter, Benny Golson, Ivan Lins, John Patitucci… Il suo talento è stato ampiamente certificato: da una miriade di premi (tra i quali spicca la Jazz Piano Competition Martial Solal del 1998) nonché dagli espansivi apprezzamenti di pianisti come Herbie Hancock e Kenny Kirkland. Nel suo più recente disco da leader (Eklektik) ha coinvolto musicisti come Snoop Dogg, Marcus Miller, Biréli Lagrène, Manu Katché, Lenny White.
Bastano una manciata di situazioni per capire la caratura del trombonista Steve Turre (nato a Omaha nel 1948): nel 1968 è nel gruppo di Rahsaan Roland Kirk; nel 1970 suona con Santana, nel momento di massimo slancio della band verso la fama planetaria; nel 1972 viene ingaggiato da Ray Charles; nel 1973 Woody Shaw lo fa entrare nei Jazz Messengers di Art Blakey. Dopo di allora ha continuato a frequentare l’aristocrazia del jazz, il pop e la musica latina: Dizzy Gillespie, McCoy Tyner, J.J. Johnson, Herbie Hancock, Lester Bowie, Tito Puente, Mongo Santamaria, Pharoah Sanders, Horace Silver, Max Roach, Van Morrison… Ha fatto parte della Saturday Night Live Band dal 1984 per oltre trent’anni. Negli anni Settanta Turre iniziò a suonare le conchiglie e oggi è il massimo esponente di questi esotici strumenti a fiato. Nella sua ricca attività da leader ha saputo mescolare tutti i generi da lui prediletti, come dimostra una cospicua discografia. Per estrarre un titolo a caso: In The Spur of the Moment (2000) con tre diverse formazioni da capogiro (basta citarne i pianisti: Ray Charles, Chucho Valdés, Stephen Scott).
Il Bologna Jazz Festival è organizzato dalla Fondazione Bologna in Musica ETS con il contributo di Regione Emilia-Romagna, Comune di Bologna – Bologna Città della Musica UNESCO, Fondazione Carisbo, Gruppo Unipol, Pelliconi, Coop Alleanza 3.0, TPER, Marketing01, Emilsider, Città Metropolitana di Bologna, del main partner Gruppo Hera e con il sostegno del Ministero della Cultura. Il BJF fa parte di Jazzer.
Informazioni: Fondazione Bologna in Musica ETS tel.: 334 7560434 – email: info@bolognajazzfestival.com – www.bolognajazzfestival.com
Scritto da: redazione